La scena gastronomica mondiale sta attraversando un delicato periodo storico che ad oggi vede ancora aperta la polemica sul come e cosa scegliere di voler versare nel proprio bicchiere.
Tra gli esperti del settore enologico è in corso una vera e propria guerra tra due fazioni. Da un lato i “conservatori tecnologi del vino” fautori del vino industriale, dall’altro gli “avanguardisti della decrescita” difensori del metodo naturale.
Proprio questi ultimi vorrebbero produrre il vino a modo loro e in santa pace, cosa che purtroppo non avviene considerato che l’altra fazione continua ad accusarli di essere la generazione di viticoltori del “come una volta” arrivando a disprezzare il loro vino al punto da ritenerlo “sbagliato” e “puzzolente” o chi più ne ha più ne metta. Per contro, non meno feroce è la risposta dei piccoli produttori di vino naturale che li accusa di eccesso di sofisticazione. Del resto, come dargli torto?
Dalla loro però, i produttori di vino naturale stanno collezionando una serie di vittorie sul campo che hanno fatto arrabbiare ulteriormente chi il vino lo fa diciamo utilizzando metodi più industriali quindi includendo additivi, diserbanti, pesticidi etc.
Sempre più diffusa è infatti la presenza di etichette di vini naturali nelle Carte dei Vini di importanti ristoranti internazionali e soprattutto in tantissimi ristoranti stellati.
Ecco perché i vini naturali da diversi anni sono considerati il pomo della discordia tra giornalisti, ristoratori e appassionati del settore che tendono a schierarsi per un’ ideologia o per l’ altra ed a scontrarsi in una continua guerra a suon di articoli piccati con l’obiettivo di screditarsi a vicenda.
Ma facciamo il punto sul vino naturale.
Cosa è il vino naturale, bene o male, lo abbiamo già spiegato. Sintetizzando, si tratta di vini ottenuti da fermentazioni spontanee da soli lieviti indigeni di uve vendemmiate rigorosamente a mano e trattate durante l’anno solo con minimi quantitativi di rame e zolfo, tisane, preparati biodinamici e praticando sovesci, seguendo quindi metodi agronomici almeno biologici, ma molto più spesso biodinamici, sinergici o appunto il più possibile naturali.
E’ proprio in cantina però che avviene il lavoro più difficile, anche se molti giornalisti della fazione “vini convenzionali” tende a definire questa fase “non interventista”.
La preliminare attenzione dedicata in vigna volta ad ottenere piante e uve più sane, deve essere riprodotta alla pari, se non di più, anche in cantina. Proprio nelle cantine la pulizia e la perizia permetterà di ottenere dei vini non difettati o “puzzoni”, come spesso amano definirli in molti, perché a differenza di un vino convenzionale, nel mondo del naturale non è permesso l’utilizzo di additivi di alcun tipo, chiarificanti, stabilizzanti, conservanti, acidificanti o manne dal cielo.
Al netto di queste informazioni di base, c’è la consapevolezza sempre più crescente che, in gran parte del mondo, il modo di bere degli appassionati sia cambiato.
Per quanto abbia fatto polemica e destabilizzato molte aziende, il vino naturale è entrato prepotentemente nel bere quotidiano di molti eno-appassionati. Gran parte dei ristoranti, infatti si è ritrovata a non potersi permettere di farsi mancare almeno una piccola selezione di vini naturali in carta.
Chi ha fatto da traino a tutto ciò è stata sicuramente la Francia che da svariate decine di anni fa vino naturale seguita dall’Italia che ha vissuto un’ inaspettato boom di tantissimi piccoli produttori che hanno deciso di recuperare vigne abbandonate o ne hanno impiantate di nuove cominciando a fare vino naturale con risultati sorprendenti.
Successivamente questa passione per il naturale è dilagata in tutto il mondo. Dall’Inghilterra, agli Stati Uniti, al Giappone, la Germania, raggiungendo il Canada e perfino l’Australia.
Un’ondata di nuovi produttori, importatori, wine-bar, ristoranti ed eno-appassionati hanno dato voce a questo vecchio-nuovo modo di fare il vino, un vero e proprio ritorno al vino contadino fatto però con consapevolezza e conoscenza.
Ma in tutto questo, Malta dove si colloca?
Ad oggi la piccola isola sembra essere rimasta fuori da questa polemica, vantando al contrario una scarsa passione e conoscenza del vino naturale e più in generale una non volontà di offrire ai clienti qualcosa di veramente interessante da bere, soprattutto a chi non lascia a casa l’abitudine di voler bere bene.
Girando per i ristoranti dell’isola traspare una certa trascuratezza delle carte dei vini. Sono davvero poche le carte che offrono qualcosa di originale, di non banale, non già visto ma soprattutto che non esce dagli schemi dell’offerta della concorrenza.
Bene o male, quello che si trova nel 90% delle carte dei vini, ottimisticamente parlando, è una selezione di succhi d’uva fermentati facilmente acquistabili nei supermercati di qualsiasi altro paese europeo, con l’aggravante però di avere dei ricarichi da capogiro.
Ci sono poi quei ristoranti maltesi che ambiscono all’eccellenza e che fortunatamente si ritrovano ad avere vino più interessante in carta, ma dove la scelta delle etichette rimane un po’ ferma.
Si prediligono le grandi industrie del vino che continuano così a farla da padrona e in molti casi gli aspiranti alla stella offrono mero vino convenzionale, crogiolandosi sul nome altisonante e rinomato, ma rimanendo pur sempre sul convenzionale.
Quello che sicuramente prevale sull’isola è una maggiore propensione all’essere attenti al cosa si mangia. Non di rado i Menù dei ristoranti danno la massima attenzione alla qualità della materia prima, alla preparazione dei piatti, all’impiattamento finale, al servizio, ottenendo dei risultati estetici e di gusto davvero eccezionali ma continuano a peccare di trascuratezza verso il giusto abbinamento cibo-vino. Così facendo i commensali spesso di vedono costretti ad ordinare una bella bottiglia d’acqua per poter bere qualcosa con il pasto scelto, a causa dello scarso “appeal” della carta dei vini.
Tutto ciò è sicuramente dovuto alla grave assenza di una figura esperta quale quella del Sommelier un mestiere pressoché inesistente a Malta e che raramente, ed insisto, raramente si ha la fortuna di trovare nelle sale.
Sto parlando di qualcuno realmente preparato che sappia consigliarti cosa bere, raccontarti la provenienza del vino che hai ordinato, capace di fare un valido abbinamento con un determinato piatto o perlomeno avere una preparazione tale da farti venire voglia di bere qualcosa dalla loro carta dei vini.
Fortunatamente, grazie al lavoro di qualche bravo ristoratore e sommelier qualcosa a Malta si sta muovendo. Si comincia a notare soprattutto tra le nuove generazioni una maggiore attenzione nel nome della qualità.
Molte persone stanno riscoprendo i sapori della verdura biologica, di carni provenienti da animali sani che fanno pascolo, delle uova provenienti non da allevamenti intensivi e per ultimo ma non per importanza di un buon vino sano non artefatto né costruito in laboratorio bensì totalmente chemistry-free.
Importare questa conoscenza sull’isola sarà un processo lento e complesso, ma sono certo che, così come è successo in gran parte del resto del mondo, anche qui la rivoluzione del “naturale” non tarderà ad arrivare. Tra l’altro sarà proprio Malta e gli stessi maltesi a trarne il maggior profitto.